Roma, 20 Gennaio 2011
Care colleghe, cari colleghi, gentile pubblico,
devo porgervi le più sentite scuse per la mia assenza: dal primo momento il vostro invito ha suscitato il mio interesse e la mia curiosità, soprattutto perché si tratta di un convegno incentrato sui fatti. Su una sperimentazione concreta realizzata dall’Istituto Europa e sulle implicazioni delle trasformazioni in atto rispetto all’istruzione e formazione professionale.
E credo che di queste pratiche concrete, radicate nel territorio, il Ministero dell’istruzione, università e ricerca debba fare tesoro. Conoscerle e utilizzarle come base di partenza della sua azione. Sostenerle con continuità, soprattutto.
E’ per questo che prendo l’impegno di venire a Pomigliano per visitare la vostra scuola in una mattina di lavoro, per entrare nelle classi, incontrare i docenti e la dirigente, approfondire la conoscenza reciproca e capire come procedere insieme alle tante altre scuole del Mezzogiorno e della Campania che in contesti problematici operano con efficacia per innalzare la scolarizzazione, fronteggiare il fenomeno dell’abbandono scolastico e fornire ai ragazzi conoscenze e competenze adeguate al mondo che li aspetta.
Sono fiducioso e speranzoso che il lavoro che abbiamo intrapreso insieme al Ministro Francesco Profumo porti presto i primi frutti. E sono particolarmente convinto della priorità che abbiamo individuato, che sta volutamente al centro della nostra azione di Governo: lo sviluppo nel Mezzogiorno attraverso un’azione combinata di innovazione e istruzione.
Grazie a un sapiente utilizzo dei fondi europei, come programmato nel Piano Azione Coesione insieme al Ministero della Coesione Territoriale, siamo in grado di realizzare interventi nelle quattro Regioni del Sud per un totale di circa un miliardo di euro.
Vogliamo invertire il trend: dal Sud e dalle sue scuole può partire l’innovazione della didattica, attraverso l’utilizzo dei nuovi strumenti multimediali, edifici scolastici sicuri, efficienti dal punto di vista energetico ed adeguati alle esigenze didattiche, prototipi di progetti contro la dispersione scolastica, come le scuole di seconda occasione. Investiremo non più con finanziamenti a pioggia decisi dal centro verso la periferia, ma a partire dalle esperienze già in atto. Sono novità significative su cui siamo al lavoro e che credo rispecchino pienamente i principi e gli obiettivi della sperimentazione che avete avviato per il percorso Professionale servizi commerciali.
Allo stesso tempo, siamo in grado di affermare che è finita l’era dei tagli lineari sull’istruzione. E’ cominciata, invece, una fase di attento controllo delle finanze pubbliche, accompagnata dalla più ferma consapevolezza dell’importanza della scuola per lo sviluppo e la coesione sociale del Paese e quindi dalla necessità di reperire e ottimizzare le risorse a essa destinate.
A partire dall’autonomia responsabile: stiamo lavorando a un primo provvedimento da approvare in Consiglio dei Ministri che semplifica e velocizza l’assegnazione delle risorse ai singoli istituti scolastici, rende necessaria la costituzione di reti di scuole, supera la distinzione tra organico di fatto e di diritto per passare all’attribuzione di un organico dell’autonomia che tenga presente tutte le esigenze delle scuole e del territorio.
Sono convinto che in questa difficile fase di crisi economica la più importante riforma è quella che spezza il circolo vizioso tra povertà e istruzione.
La scuola italiana, purtroppo, fatica a provvedere all’educazione proprio delle fasce sociali per cui è nata. Dai percorsi iperstandardizzati delle nostre scuole tradizionali escono ancora troppi ragazzi, specialmente nelle zone di forte esclusione economica e sociale. La risposta a tutto questo, oltre che in un grande investimento sugli apprendimenti in età precoce, sta esattamente nel solco di quello che voi oggi discutete.
L’apprendimento oggi riguarda anche i nuovi media, la consapevolezza del proprio corpo, la possibilità di esprimere la curiosità e la creatività, ecc. Ma il centro sono ancora gli alfabeti di cittadinanza: leggere, scrivere, parlare bene, seguire ragionamenti logici.
Le scuole delle zone povere dovrebbero essere dotate dei migliori docenti, come nelle zone di educazione prioritaria in Francia e in molte periferie americane e inglesi. Gli investimenti dovrebbero concentrarsi sui gruppi dei docenti in azione, sulla qualità delle scuole (edifici, spazi esterni, tempo di apertura, uso comunitario dei mezzi tecnologici, laboratori, ecc.) proprio nelle aree più deboli del Paese. Dare di più ai docenti in termini forse anche salariali, ma soprattutto mezzi tecnici e professionali a disposizione.
Infine, si potrebbe partire da alcuni prototipi di scuole che prendano in carica i ragazzi dai 3 ai 16 anni con grande attenzione alla costanza degli interventi, alla continuità nel tempo e al sistema di alleanze nel territorio. Parrocchie, centri sportivi, scuole, artigiani, centri di formazione professionale, Asl hanno in alcuni casi saputo lavorare insieme sul territorio a lungo e bene con buoni risultati in termini di integrazione autentica.
Reti verticali e orizzontali, dunque, in grado di accompagnare i ragazzi attraverso l’infanzia e l’adolescenza lungo percorsi flessibili e differenziati.
Perché come diceva Don Milani, “Non c’è cosa più ingiusta che dare cose uguali a persone che non sono uguali”.
E allora l’auspicio è che attraverso il nostro comune lavoro la scuola possa riscoprire la propria missione e fornire un contributo indispensabile in termini di sviluppo, coesione sociale, prospettive e futuro per i nostri ragazzi.
A partire dal Sud, a partire anche da Pomigliano e dall’ISIS Europa.
Un cordiale e sentito augurio di buon lavoro e arrivederci a presto,
Il Sottosegretario all’Istruzione
Marco Rossi-Doria